La giustizia alla Camera Due casi che bisogna saper distinguere di Francesco Nucara Sono tre i problemi di tipo giudiziario o para-giudiziario che riscalderanno la già calda estate politica di quest’anno. Si tratta di tre deputati, tutti e tre del PDL. Per due di loro, Papa e Milanese, le competenti procure chiedono l’arresto; per il terzo, il ministro Romano, non ci sono richieste di arresto ma accuse pesanti. Per Papa e Milanese la richiesta d’arresto può essere motivata da tre condizioni: pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato. Non ho mai dato assenso con il mio voto all’arresto di qualsivoglia deputato, di qualsivoglia colore politico. In linea generale in galera ci si deve andare e rimanerci per tutto il tempo di una eventuale condanna, “dopo” un processo che consenta anche all’indagato di difendersi con tutti i mezzi che le leggi gli consentono. E’ utile ricordare quanto asserisce la tanto declamata quanto ignorata Costituzione della Repubblica: “La libertà personale è inviolabile” (art. 13). Nel caso specifico (sarebbe bene che gli avvocati componenti della Direzione Nazionale ci dessero lumi in merito) non vedo proprio alcun motivo perché la Camera dei Deputati conceda la possibilità dell’arresto. Infatti sembra assolutamente ridicolo che un deputato in carica abbia interesse a darsi alla latitanza. Sembra altrettanto speciosa la condizione che l’indagato possa inquinare le prove o ancora meglio, siccome tra l’avviso di garanzia e l’eventuale concessione per l’arresto da parte della Camera dei Deputati passerebbe un bel po’ di tempo, chi avesse interesse ad inquinare o a cassare delle prove a suo carico lo avrebbe già fatto. Ancora più ridicola appare la motivazione della reiterazione del reato: se così dovesse essere, dopo questo can-can mediatico, questi deputati più che in galera bisognerebbe portarli al manicomio. Quindi voterò no alla richiesta di arresto. Si portino a termine le indagini e succeda, se deve succedere, quello che è successo a Cuffaro, il quale ci ha sorpreso per la dignità con cui ha affrontato condanna e carcere. Diversa è la posizione del ministro Romano. Dico subito che, personalmente, sono contrario alle sfiducie individuali di uomini di governo, ma questo caso ha una particolarità. Il politico in questione è passato, senza soluzione di continuità, dall’UDC al gruppo dei Responsabili, emanazione diretta del PDL, con il fine d’essere nominato ministro. In secondo luogo dei due tipi di reato di cui è accusato, uno attiene ad una presunta collusione con la mafia. A questo proposito mentre mi trovavo in un ospedale di Milano, ebbi una conversazione telefonica con il Presidente del Consiglio al quale sconsigliai, vista la prossimità delle elezioni amministrative, la nomina a ministro dell’on. Romano e dei sottosegretari “responsabili”, rivelatisi “irresponsabili”. Naturalmente votare la sfiducia ad un ministro non è più un caso di coscienza ma un problema politico. In questo caso sarà il Partito a darmi le dovute indicazioni. Se il Partito nelle sue autonome valutazioni mi dovesse lasciare libertà di voto, dico da subito che il mio voto sarà favorevole alla sfiducia. Certamente il Ministro Romano sarà in grado di dimostrare la sua estraneità ai fatti di cui è accusato, ma visto il tipo di reato di cui eventualmente dovrà rispondere, sarebbe stato meglio se autonomamente si fosse già dimesso. Se non altro ne avrebbe guadagnato la rappresentanza italiana in Europa. |